PERFEZIONISMO
Il perfezionismo è una dimensione patologica emergente e meritevole di approfondimento, nonostante non sia ufficialmente riconosciuto come patologia dai sistemi di classificazione diagnostica convenzionali.
La tendenza al perfezionismo è una caratteristica legata alla personalità di un individuo e genera il bisogno di agire con estrema pignoleria, scrupolo e precisione, in modo spesso inflessibile e intransigente.
Il perfezionista sente il dovere di dimostrarsi all'altezza in ogni momento e di impegnarsi senza risparmio per mantenere alto lo standard delle prestazioni che impone a se stesso o che ritiene gli vengano richieste dal mondo esterno.
Il perfezionismo può manifestarsi soprattutto:
- al lavoro: per ottenere una promozione e fare carriera, rispettare le scadenze, competere con i colleghi, dimostrare la propria bravura al capo e ad altri superiori o dirigenti; oppure, se si ricoprono posizioni di vertice, per acquisire prestigio e autorevolezza agli occhi dei propri collaboratori e assistenti. Il perfezionismo incontrollato è spesso una delle caratteristiche del "workaholic" (letteralmente "ubriaco di lavoro"), cioè di chi sviluppa dipendenza dal lavoro e diventa schiavo della propria occupazione, concentrandosi in maniera eccessiva sull'attività professionale a scapito delle relazioni interpersonali, degli affetti, del proprio benessere e delle altre componenti della vita quotidiana
- a scuola o all'università: per preparare esami e interrogazioni, imparare nozioni, date, formule e nomi, soddisfare i professori, misurarsi con altri studenti, gratificare i genitori, ottenere il massimo dei voti
- in famiglia e nella vita di coppia: per far fronte alle esigenze del coniuge e dei figli e garantirgli un buon tenore di vita, per gestire in modo impeccabile le faccende domestiche e curare l'ordine, l'igiene e la pulizia della casa. Il perfezionista esige spesso – provocando non di rado discussioni e conflitti – lo stesso senso del dovere e la stessa dedizione anche dal partner e dai familiari, nei confronti dei quali può attuare forme di controllo per giudicare il loro livello di efficienza
Si potrebbe osservare che non vi è nulla di male se una persona cerca di dare il meglio di sé, svolge con responsabilità e con passione i propri compiti e si impegna ad affrontare con determinazione le sfide della vita. Questo è vero, però, solo se i traguardi raggiunti riescono ad appagare l'individuo e a procurargli un'adeguata gratificazione. Al contrario, il perfezionista non attenua la propria ansia da risultato neanche quando raggiunge un obiettivo: la sua continua insoddisfazione lo spinge a sentirsi continuamente sotto esame e ad impegnarsi sempre di più.
In quest'ottica commettere uno sbaglio equivale non ad un'occasione di apprendimento ma ad una percezione di fallimento. Il perfezionista difficilmente riesce a perdonarsi una svista o una disattenzione e vive con eccessivo senso di colpa gli errori a cui, inevitabilmente, può andare incontro. Questo lo induce spesso ad ingigantire gli aspetti negativi e a sottovalutare quelli positivi, con il rischio di smarrirsi nei dettagli e perdere di vista il reale obiettivo da raggiungere.
Se portato all'esasperazione, questo atteggiamento rischia di causare sul lungo termine considerevoli sofferenze a livello psichico e può comportare l'insorgere di sindromi ansiose e disturbi dell'umore.
Spesso dietro a molti quadri clinici di tipo ansioso o depressivo emerge una profonda difficoltà psicologica dovuta proprio all'eccesso di disciplina, meticolosità, rigore e ai rigidi meccanismi con cui si cerca di raggiungere e mantenere un elevato livello di performance, sia nella vita lavorativa che nella sfera privata.
Il perfezionismo può inoltre generare alcuni disturbi psicosomatici, tra cui mal di testa, dolori addominali, tensioni muscolari e stanchezza cronica.